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MobiliTIAMO la città

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Il testo che segue è la trascrizione della mia relazione introduttiva al Convegno-dibattito organizzato dal Circolo Legambiente di Frosinone dal titolo “MobiliTIAMO la città – La sfida della mobilità urbana sostenibile in Europa, in Italia e a Frosinone”, che si è tenuto a Frosinone il 19 settembre 2023.

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L’evento di stasera ha un duplice intento. Il primo è quello di ragionare sui perché la transizione verso una mobilità green è centrale nel contesto attuale in Europa e in Italia. Il secondo nasce dall’esigenza che abbiamo avvertito di confrontarci sulle politiche da attuare sulla mobilità urbana a Frosinone, a partire dalle proposte e dalle iniziative del nostro Circolo degli ultimi anni, alcune di maggior impatto, altre più estemporanee. È quello della mobilità sostenibile un tema difficile, anzi maledettamente complicato se inserito in contesti urbanistici caotici come quello di Frosinone, ma è un tema ineludibile, perché ha un risvolto diretto sulla qualità della vita della gente. Allo stesso tempo però è un tema che si interfaccia e in qualche modo discende da altre questioni incommensurabilmente più grandi. Mi riferisco alla lotta alla crisi climatica e all’imperativo di abbattere l’inquinamento atmosferico.

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Riguardo al clima, c’è un blocco ancora da superare, ed è quello di riuscire a trasmettere l’allarme montante degli scienziati, che sfocia inevitabilmente nell’angoscia e nella disperazione, perché giorno dopo giorno assistiamo a segnali inequivocabili di un’accelerazione del riscaldamento globale con tutto ciò che ne deriva, primi fra tutti la crisi idrica, la minaccia alla sicurezza alimentare e la vulnerabilità dei territori rispetto ad eventi climatici estremi sempre più spaventosi.

Azzerare le emissioni di gas serra è, ogni giorno di più, una missione a cui nessuno può sottrarsi e che nessuno può permettersi di dilazionare. Vi confesso due stati d’animo personali: il primo è che, se non facessi quello che faccio come attivista in questa città, non credo che riuscirei a guardare negli occhi i miei figli senza provare disagio. Il secondo ha a che fare con la mia personale ecoansia: nonostante lo sconforto che mi attanaglia nel registrare il continuo peggioramento dei parametri indicatori della gravità della crisi climatica, provo serenità nel poter dire a me stesso, se le cose dovessero volgere al peggio, di averci provato, come la protagonista di Don’t look up un attimo prima dell’impatto della cometa sulla Terra.

Cosa c’entri la mobilità urbana con il clima è abbastanza noto: da un lato, le città sono responsabili del 70% delle emissioni di gas serra globali; dall’altro, il settore dei trasporti via terra incide per circa un terzo delle emissioni di CO2 totali. Dobbiamo quindi partire da qui e capire la strada per decarbonizzare in fretta i trasporti su strada, a cominciare dalle onnipresenti automobili che come un cancro si stanno mangiando le nostre città. Ad aiutarci su questo sarà Carlo Tritto di Transport & Environment, che ci parlerà della rivoluzione della mobilità elettrica e della sua netta superiorità sulle altre opzioni che ci si ostina a voler prendere in considerazione adducendo a pretesto un principio, quello della neutralità tecnologica, che in questo caso non sta proprio in piedi, e mi riferisco ai biocarburanti, agli e-fuel o all’idrogeno, alternative che almeno per il trasporto leggero (ma non solo) sono state bocciate dalla scienza e dai mercati. Carlo ci spiegherà perché opporsi al divieto di vendita di auto a combustione interna dal 2035 – come sta facendo questo governo – è sbagliato, e promette di condannare il nostro Paese all’irrilevanza nella competizione globale nel settore automotive.

Stiamo assistendo a una assurda campagna anti-auto elettriche condita da una marea di fake news: non è difficile immaginare quali interessi possano averla orchestrata e foraggiata. Il risultato è che oggi le immatricolazioni di auto elettriche in Italia sono meno del 4% contro una media europea del 14%. Questo ostracismo verso quella che è non un’innovazione come tante, ma un vero e proprio game changer in un settore industriale di cruciale importanza, potrà avere conseguenze devastanti per la competitività del sistema Paese e le prime avvisaglie ci sono tutte. Ma le battute di arresto della mobilità sostenibile in Italia non si fermano qui, esse si estendono alla sharing mobility e soprattutto alla ciclabilità e micromobilità, messe a dura prova dalle continue stragi sulle strade a cui assistiamo sgomenti. Fra tagli ai fondi sulle infrastrutture ciclabili e modifiche al codice della strada al limite del punitivo per chi si indirizza verso alternative più ecologiche, questo governo e molte amministrazioni locali stanno spianando la strada ad un generale arretramento sulle politiche in tema di mobilità dolce. Sappiano tutti che gli ambientalisti sono indignati e arrabbiati, e si metteranno di traverso con la passione e l’inventiva che li caratterizza.

E veniamo al secondo dei motivi che rendono urgente ed eticamente non negoziabile una svolta nel modo in cui ci si muove in città: lo smog. Ormai lo sanno anche i sassi: lo smog uccide, lo smog ha un impatto deleterio sulla salute, lo smog provoca malattie cardiovascolari, tumori e danni di lunga durata ai polmoni dei bambini e dei soggetti più fragili. Da 60 a 80 mila morti premature l’anno in Italia, sono cifre da rabbrividire, eppure sembrano lasciare indifferenti i più, o nella migliore delle ipotesi essere accettate come se si trattasse di una piaga biblica da subire con rassegnazione. Su questo tema davvero viene da dire “per fortuna che c’è l’Europa” perché l’Italia, con la sistematica violazione delle direttive UE sulla qualità dell’aria e la condanna da parte della Corte di Giustizia Europea, per decenni ha voltato la testa dall’altra parte. Menomale che l’Europa c’è e mostra di seguire la scienza, come ha fatto la scorsa settimana con l’approvazione da parte del Parlamento Europeo della nuova direttiva sulla qualità dell’aria, che restringe i limiti di accettabilità di una serie di inquinanti. Certo, il voto contrario dei partiti di destra che in Italia sono maggioritari non fa ben sperare, ed è un pessimo segnale per il futuro.

Un bel segnale è invece quello che viene dal basso, dalle centinaia di associazioni, movimenti di base e organizzazioni della società civile che hanno come obiettivo città pulite e una mobilità urbana a zero emissioni. Clean Cities è una coalizione europea di queste realtà, ed è stasera rappresentata da Simone Nuglio che coordina questa campagna per Legambiente. Simone ci racconterà quali strade intraprendere per liberare le nostre città da polveri sottili e ossidi di azoto, e quali ostacoli, politici e mentali, si frappongono sul cammino. Ci parlerà della moltitudine di strumenti che renderebbero realtà quello che è ancora un sogno: le zone a basse e a zero emissioni, le zone 30, le ZTL e le aree pedonali, le strade scolastiche e altro ancora.

Lasciatemi dire, su tutto questo, sulle nostre sacrosante vertenze, siamo stufi di sentirci additare come ambientalisti ideologici. Ma cosa vuol dire? Ma che accusa è? Cosa c’è di ideologico nel chiedere che si ascolti la buona scienza e nell’auspicare un mondo migliore? Perché guardate, vi do una notizia: i cambiamenti che perseguiamo non hanno il fine di instaurare una dittatura ecologista, ma di vivere tutti meglio!

E vivere meglio, badate, non vuol dire solo respirare aria pulita. A supportare questa affermazione sono stavolta le scienze sociali: città con meno macchine e più persone, con meno automobilisti e più pedoni, con meno asfalto e più marciapiedi, con meno parcheggi in centro e più verde, sono anche città in cui la gente è meno sola, meno depressa e meno infelice. Sì, infelice, perché è questo ciò a cui sta portando la monocultura dell’auto: tutti soli nei nostri abitacoli di lamiera, in coda nel traffico, alla perenne ricerca di parcheggi, resi pigri dalla sedentarietà, gonfi di stress e di rancore verso tutto e verso tutti, stiamo perdendo la capacità di relazionarci in maniera empatica e non formale, di scambiare due chiacchiere guardando negli occhi chi si incontra camminando per sentirci meno soli.

A conclusione di questa preliminare disamina vorrei allora dire a tutti coloro ossessionati da ogni minima restrizione alla viabilità (ovviamente quella veicolare), da ogni minima limitazione della sosta, da ogni promiscuità dell’asfalto stradale con altri utenti che non siano le macchine, a tutti coloro che rabbrividiscono all’idea di salire su un mezzo pubblico, e a tutti coloro che su queste basi e solo su queste fanno politica nelle città: abbiate il coraggio di dirlo, che non ve ne importa niente del clima, non ve ne importa niente dell’inquinamento atmosferico, dei bambini con lo sviluppo compromesso dallo smog, della mortalità stradale, e perfino dell’infelicità delle persone! Ditelo a chiare lettere, siate onesti con voi stessi e con gli altri. Non cercate alibi e ammettete che non siete disposti a cambiare, e pur di non farlo preferite vivere in città tristi, squallide, sporche e anonime.

Ma ora veniamo a Frosinone. Una città difficile, si è detto, in cui la mancata programmazione urbanistica e l’edificazione selvaggia degli anni del boom hanno spianato la strada all’uso e all’abuso dell’auto privata e solo di quella, tanto che oggi Frosinone è al primo posto fra i capoluoghi di provincia italiani per tasso di motorizzazione privata. Aver assecondato questo trend è stato un grave errore delle amministrazioni passate, di tutti i colori. La mancanza di visione di chi era al timone della città nei decenni passati ha prodotto i guai del presente: polveri sottili alle stelle, assenza di strade pedonali permanenti, marciapiedi largamente insufficienti per ampiezza, qualità e stato di manutenzione, deficit di percorsi ciclabili adeguati, mancanza di piazze interdette alle auto (anzi per la verità una ce n’è – quella antistante la chiesa della Sacra Famiglia – e infatti c’è chi anacronisticamente propone di eliminarla).

Qualcosa però finalmente si sta muovendo: come sapete l’amministrazione Mastrangeli, raccogliendo gli input del PUMS approvato nella scorsa consiliatura, ha avviato la realizzazione di una serie di iniziative che rappresentano un cambio di passo significativo nella direzione da noi auspicata. Mi riferisco in primo luogo al piano delle piste ciclabili, al BRT e al raddoppio dell’ascensore inclinato. Sarà lo stesso Sindaco Riccardo Mastrangeli stasera a parlarcene. Vorremmo però che il primo cittadino ci dicesse anche cosa c’è dietro alle forti resistenze che sta incontrando persino all’interno della sua maggioranza, e soprattutto che ci rassicurasse sul fatto che il dialogo instaurato con gli onnipresenti frenatori del cambiamento non condurrà ad arretramenti negli indirizzi che si intendono perseguire. Abbiamo bisogno di essere rassicurati, Sindaco, perché francamente la vicenda recente delle ciclabili allo Scalo, con i lavori bloccati a cantiere già avviato, rappresenta qualcosa di più di un banale incidente di percorso, innanzitutto perché evidenzia un grave problema di metodo (mi riferisco ai tempi del dialogo, che ovviamente deve precedere l’approvazione dei progetti e non avvenire a cantieri aperti); e poi perché al netto dei proclami sembra lasciar trasparire una titubanza che non ci si aspetterebbe da un sindaco a solo un anno dal suo insediamento. Il consenso va e viene, Sindaco, ma le somme si tirano fra quattro anni, e l’esperienza ci dice che i cambiamenti hanno bisogno di tempo per essere assimilati. Intendo dire che le resistenze di oggi verranno meno una volta che saranno evidenti i benefici di una città in cui la libertà di movimento tanto invocata è garantita non più da una sola scelta obbligata per tutti (l’auto privata) ma da una pluralità di opzioni che competono fra loro in termini di convenienza (oltre all’auto, la pedonalità, il TPL, la bici, il car sharing, ecc.).

C’è però dell’altro che ci sta a cuore su cui vorremmo delle risposte positive da questa amministrazione: la ZTL nel centro storico, su cui ci siamo mobilitati con il partecipato flashmob del 6 luglio scorso; le misure antismog in previsione della imminente stagione invernale, quella in cui la Valle del Sacco è attanagliata dalle polveri sottili; il sostegno nella richiesta alla Regione Lazio di abbassare a 110 km/h il limite di velocità sull’A1; la costituzione di un tavolo con i comuni limitrofi per concordare azioni concertate contro l’inquinamento; l’estensione temporale dell’isola pedonale su via Aldo Moro, la via più frequentata dagli adolescenti, che specie il sabato si trasforma in un incubo; il rifacimento e l’allargamento dei marciapiedi su alcune strade che ne sono di fatto prive, ad esempio via Tiburtina e più in generale le iniziative da assumere per garantire il diritto alla camminabilità; i nuovi parcheggi allo Scalo, su cui abbiamo espresso di recente i nostri sì e i nostri no argomentati e tutt’altro che ideologici.

Tutti insieme, i nostri desiderata vanno nella direzione di una città più pulita, salutare, vivibile, attrattiva, inclusiva e a misura d’uomo, anzi di bambino. Perché questo sogno si realizzi serve un’amministrazione che lo condivida senza tentennamenti, con capacità di visione e lungimiranza. Ma servono anche, lo sappiamo bene, cittadini consapevoli che si mettano in gioco e mostrino disponibilità a modificare le proprie abitudini. Lo scrittore indiano Amitav Ghosh ha detto che la sfida del cambiamento climatico richiede uno sforzo di immaginazione. E’ uno sforzo collettivo, che implica in una certa misura la necessità di mettere da parte gli interessi personali di corto respiro e piccolo cabotaggio così da favorire gli interessi della collettività di cui facciamo parte, quella di oggi e quella che erediterà il pianeta e le nostre città.

Questo sforzo dovrebbe essere applicato anche nel modo in cui ci muoviamo nei luoghi del nostro vivere. L’automobile non è la nostra protesi, è o dovrebbe essere una delle opzioni. L’immaginazione dovrebbe guidarci nel ripensare i nostri spostamenti quotidiani, prevedendo un ventaglio di opzioni praticabili, anche in combinazione, ad es. auto con ultimo miglio in bici, come faccio solitamente io pur guidando un’auto elettrica, oppure auto fino a parcheggio di scambio poi a piedi, o treno più monopattino, o trasporto pubblico e a piedi. Per far decollare l’immaginazione c’è però bisogno di restringere gli spazi destinati alle auto, limitare la sosta specie a bordo strada, reprimere gli abusi e l’invadenza delle macchine. Vedrete che a quel punto, per la legge dei vasi comunicanti, gli spazi lasciati liberi dalle auto saranno riempiti con altro. Non avverrà il giorno dopo, ma avverrà. Noi non manchiamo occasione per ribadirlo: la strada è di tutti e la saturazione degli spazi pubblici causata dalle auto è una delle cause dell’alienazione che si prova nel vivere in città. La specie umana è resiliente, ma l’assuefazione generata dal vivere circondati dalle auto e dal pericolo costante che esse rappresentano nasconde un disagio magari inconscio destinato a sfociare prima o poi in qualcosa di più grave.

E chiudo: spero che il dibattito che seguirà le tre relazioni principali prima delle conclusioni affidate a Roberto Scacchi possa dare il segnale chiaro che una parte di città, quella che sa guardare al futuro anziché ragionare con logiche novecentesche, che non ha perso la voglia di avvicinare Frosinone all’Europa, di imparare dalle buone pratiche, questa parte di città è viva e vegeta, ha le energie per contrastare i frenatori di professione e vuole continuare ad impegnarsi non per far prevalere un’ideologia ma semplicemente perché ama la propria città.


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