I detrattori del fotovoltaico, ancora oggi più numerosi di quanto sembri, sottolineano a ogni piè sospinto come l’intermittenza della generazione solare e la ridotta insolazione dei mesi invernali anche alle nostre latitudini renda impensabile fare seriamente affidamento su questa fonte di energia.
Si tratta di una tesi che, adducendo fatti incontestabili, tenta strumentalmente di screditare le posizioni pro-rinnovabili allo scopo di opporre resistenza alla improcrastinabile transizione energetica. Del resto, non c’è nessuno che neghi che il futuro mix elettrico 100% rinnovabile dovrà includere sostanziosi contributi di eolico e idroelettrico, nonché una quantità significativa di accumuli di vario tipo, anche stagionali. Ciò detto, date le peculiarità geografiche e climatiche del territorio nazionale, è ad avviso di molti essenziale mantenere dritta la barra sulla centralità del solare fotovoltaico nel futuro sistema di produzione elettrica italiano.
C’è chi molto più autorevolmente di me potrà argomentare questa posizione. Io preferisco invece suffragarla proponendo, a partire dalla mia esperienza personale, una semplice ricetta di autosufficienza domestica invernale unicamente a base di energia fotovoltaica, in grado di soddisfare, con l’opportuna moderazione, anche i bisogni di mobilità familiare, naturalmente a emissioni e a costo zero (è bene ricordare che la nostra stella non emette fattura).
Quello che segue è dunque una guida in pochi passaggi per la preparazione di una pietanza semplice ma appetitosa che potremmo chiamare “Il Sole d’inverno”, in grado di massimizzare l’autoconsumo energetico invernale, contribuire a ridurre le emissioni climalteranti e, last but not least, difendersi dal caro-bollette.
Ingredienti:
Giornata soleggiata, impianto fotovoltaico domestico da 5,6 kWp con sistema di accumulo da 6,5 kWh, auto elettrica a scelta, colonnina di ricarica intelligente tipo Zappi myenergi.
Preparazione:
Al sorgere del sole, la batteria comincia a caricarsi. In funzione delle utenze domestiche accese, in una mattina assolata di dicembre o gennaio la carica sarà completata fra le 11:00 e le 12:00.
Quando la carica della batteria si avvicina al 100%, avviare la ricarica dell’automobile in modalità Fast (circa 4 kW). L’energia proverrà in prevalenza direttamente dal surplus prodotto dall’impianto (siamo nelle ore di massima insolazione) e in parte minore dalla batteria, che funge da polmone in grado di assicurare maggiore flessibilità al sistema e minimizzare i prelievi dalla rete.
Intorno alle 13:00, passare dalla modalità Fast a Eco (1,5 – 2 kW) così da non scaricare troppo la batteria dell’impianto.
Alle 14:00 o giù di lì, scollegare il connettore e terminare la ricarica: verranno immessi nella batteria dell’auto circa 8 kWh quasi interamente autoprodotti (nell’esempio in foto, solo il 4% è stato prelevato dalla rete). Con questo rabbocco è possibile percorrere circa 50 km. Per essere a soli 10 giorni dal solstizio d’inverno, direi che non è affatto male, non vi pare?
Sempre alle 14:00, la carica della batteria collegata all’impianto FV è di circa il 50-60%. A questo punto, le poche ore di sole restanti sono sufficienti a ricaricare nuovamente la batteria fino al 70-80%. In alternativa, avendo nel frattempo finito di pranzare si può scegliere ad esempio di avviare la lavastoviglie: il ciclo di lavaggio utilizzerà praticamente solo l’energia autoprodotta residua, infatti alle 15:00 la batteria sarà ancora allo stesso livello di un’ora prima.
Al calar del sole, la carica accumulata in batteria è ancora sufficiente a coprire buona parte del consumo domestico serale. E se siamo abbastanza parsimoniosi, con l’energia accumulata rimasta riusciremo magari anche a vedere in TV il film Don’t Look Up, giusto per ricordare a noi stessi quanto sia meglio prevenire le catastrofi, anziché dileggiarle.